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Corruzione di minorenne: il reato si configura anche se l´agente compie atti sessuali condivisi in tempo reale mediante mezzi telematici in quanto non è richiesta necessariamente la presenza fisica del minore

Angela Micheletti

Con la pronuncia in commento, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso presentato avverso l’ordinanza del Tribunale di Bari con la quale era stato respinto l’appello cautelare proposto contro l’ordinanza di diniego della richiesta di revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari, applicata con ordinanza del giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, in relazione ai delitti di produzione di materiale pedopornografico, ex artt. 600 ter e 602 ter c.p. e di corruzione di minorenne ex art. 609 quinquies c.p.

Nello specifico, le condotte poste in essere dalla ricorrente erano consistite in atti di autoerotismo realizzati in diretta streaming e condivisi tramite il social network Instagram con alcuni utenti, tra i quali anche un minore dell’età di dodici anni ed erano perciò state ricondotte alla fattispecie di cui al primo comma dell’art. 609 quinquies c.p., che punisce chi compie atti sessuali in presenza di una persona minore di quattordici anni al fine di farla assistere agli stessi.

Nel ricorso la difesa ha eccepito la nullità dell’ordinanza impugnata, in virtù dell’errata applicazione dell’art. 609 quinquies c.p., in quanto la fattispecie di cui al primo comma richiederebbe la presenza fisica della vittima, assente nel caso di specie, avendo la giurisprudenza di legittimità escluso la necessità di quest’ultima solo con riguardo all’ipotesi di cui al secondo comma del medesimo articolo, che punisce chi fa assistere al compimento di atti sessuali o mostra materiale pornografico ad un minore di quattordici anni, al fine di indurlo a compiere o subire atti sessuali.

Giova innanzitutto precisare che il legislatore del 1996 (l. n. 66/1996) ha abrogato la preesistente ipotesi di reato di corruzione di minorenne di cui all’art. 530 c.p., ed ha introdotto l’art. 609 quinquies c.p., eliminando dalla fattispecie gli atti di libidine commessi sui minori di anni sedici e tutti quegli aspetti che maggiormente riflettevano una concezione eticizzante del delitto, facendo altresì venire meno l’obsoleta causa di non punibilità del fatto commesso ai danni di un minore moralmente corrotto. È stato poi il legislatore del 2012 (l. n. 172/2012) ad estendere il novero delle condotte punibili, introducendo i commi secondo e terzo, al fine di colmare alcune lacune di tutela, e a rendere più rigoroso il trattamento sanzionatorio, inasprendo le pene previste.

Appare inoltre necessario analizzare gli elementi costitutivi della fattispecie in esame. Nel merito, i commi primo e secondo dell’art. 609 quinquies c.p. configurano reati comuni, potendo essere commessi da chiunque, mentre il soggetto passivo è sempre il minore di quattordici anni, in quanto il bene giuridico tutelato dalla disposizione è proprio il sano e armonioso sviluppo della personalità e della sessualità del minore, che non deve essere turbato dal trauma derivante dall’assistere ad atti sessuali compiuti con ostentazione di altri.

Come sopraccitato, la condotta descritta dal primo comma dell’art. 609 quinquies c.p. consiste nel compiere atti sessuali, la cui nozione è identica a quella delineata dal delitto di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis c.p., in presenza del minore infraquattordicenne, al fine di farlo assistere al compimento dei medesimi.

Affinché il delitto si configuri, è pertanto necessario che l’agente realizzi condotte dotate di significato sessuale. Nel merito, come specificato dalla Suprema Corte nella sentenza in commento, “l’elemento oggettivo del delitto di corruzione di minorenne di cui all’art. 609 quinquies cod. pen. è dunque costituito dal compimento di qualsiasi atto sessuale in presenza di un minore di quattordici anni, che non investa la corporeità del minore …, con la consapevolezza dell’autore di agire al fine di far assistere il minore agli atti sessuali commessi in sua presenza …” Qualora infatti il minore di quattordici anni sia destinatario degli atti sessuali e non invece spettatore rispetto agli atti sessuali commessi da altri, sarebbe integrato il più grave delitto di atti sessuali con minorenne di cui all’art. 609 quater c.p.

Un elemento caratterizzante della fattispecie di corruzione di minorenne è la presenza del minore allo svolgimento degli atti sessuali realizzati personalmente dall’autore. A tal proposito, la dottrina ritiene che sia necessaria una presenza cosciente dell’infraquattordicenne, tale da consentirgli la percezione degli atti sessuali, non essendo invece necessaria alcuna forma di partecipazione o di coinvolgimento fisico del minore nelle attività sessuali materialmente realizzate dal soggetto attivo.

Non avrebbe senso, infatti, punire un fatto non recepito o non recepibile dal soggetto passivo, essendo la fattispecie diretta proprio ad evitargli ogni forma di turbamento psichico. Tale interpretazione, peraltro, maggiormente si confà al tipo di dolo che deve sussistere in capo al soggetto attivo, ossia il dolo specifico, in quanto oltre alla coscienza e volontà di realizzare gli elementi costitutivi del delitto, è richiesto che l’agente persegua uno scopo ulteriore, rappresentato, nell’ipotesi del primo comma, dal fine di far assistere il minore al compimento di atti sessuali. In questo caso, dunque, il dolo oltre ad assumere rilievo sul piano della colpevolezza, condiziona inevitabilmente anche la ricostruzione dell’intero fatto tipico.[1]

Il secondo comma dell’art. 609 quinquies c.p. disciplina due ulteriori forme di condotta, entrambe sorrette dal dolo specifico rappresentato dal fine di indurre il minore ad attività sessuali; la prima consiste nel fare assistere il minore ad attività sessuali, senza che però sia necessario, a differenza del caso di cui al primo comma, che il soggetto agente la realizzi direttamente o vi sia in qualche modo fisicamente coinvolto, mentre la seconda consiste nel mostrargli materiale pornografico.  

Il trattamento sanzionatorio previsto per le condotte di cui al secondo comma è il medesimo di quello previsto per la condotta di cui al primo comma (reclusione da uno a cinque anni), nonostante il minor disvalore delle prime.

Nel caso in esame, la Corte di cassazione ha giudicato infondato il ricorso presentato dalla difesa, stabilendo che l'uso di mezzi telematici possa rilevare in entrambe le ipotesi disciplinate dai primi due commi dell'art. 609 quinquies c.p.

Nel merito, la Suprema Corte ha ritenuto che la condotta realizzata a distanza, ma condivisa in tempo reale con mezzi telematici, sia idonea a pregiudicare il bene giuridico tutelato dalla norma, ossia il sereno sviluppo della sfera sessuale dell’infraquattordicenne, conseguendo il medesimo risultato di far assistere il minore al compimento di atti sessuali nel corso della loro realizzazione, non sussistendo pertanto ragione di limitare la sua rilevanza penale alla sola ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 609 quinquies c.p.

In particolare, la Terza Sezione penale, nella sentenza in esame, ha evidenziato che “l’attuale esistenza di mezzi di comunicazione che consentono di condividere e mostrare fedelmente e in tempo reale il compimento di atti sessuali consente, dunque, di ritenere punibili ai sensi del primo comma della disposizione anche gli atti sessuali che, come nel caso in esame, siano stati realizzati a distanza ma siano stati condivisi immediatamente, nel corso del loro compimento, con un minore di quattordici anni, con la volontà di farlo assistere alla realizzazione degli atti nel corso del loro compimento, posto che il mezzo di comunicazione telematica … consente di ritenere commessi gli atti in presenza del minore …”

La Corte di cassazione ha precisato che per giungere alle sopraindicate conclusioni non occorre fare ricorso all’analogia, quanto piuttosto ad un’attività di interpretazione della norma incriminatrice alla luce delle possibilità attuali che la società e il progresso mettono a disposizione degli individui, dunque in una chiave estensiva ed evolutiva. D’altronde, lo stesso primo comma dell’art. 609 quinquies c.p. non utilizza il termine “presenza fisica”, ma ricorre al concetto di “presenza”, ben potendo quest’ultima essere integrata anche attraverso mezzi di comunicazione telematica che consentano di assistere, come nel caso in esame, in tempo reale e senza difficoltà, al compimento di specifiche condotte.

Peraltro, mentre l’operazione analogica, volta a colmare una lacuna legislativa non corrispondente ad una precisa scelta del legislatore, tramite l’applicazione di una data disposizione ad un caso diverso da quello contemplato, ma simile ad esso (analogia legis) è vietata in materia penale ove in malam partem (art. 14 preleggi e art. 25, comma 2, Cost.), l’interpretazione estensiva, finalizzata ad attribuire a una data disposizione un significato più ampio da quello prima facie desumibile dal testo della norma, seppur riconducibile ad uno dei possibili significati letterali della disposizione medesima, è sempre ammessa nel nostro ordinamento.

A sostegno di tale interpretazione estensiva del concetto di “presenza”, la Corte ha richiamato quanto già stabilito dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alla condotta di chi rivolga, tramite una video chat, espressioni offensive ad una persona, alla presenza della stessa e di altri, essendo tale condotta stata qualificata quale integrante il delitto di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone e non quello di diffamazione, proprio in virtù della possibilità per i terzi di interloquire con l’offensore attraverso lo strumento telematico.

Con la sentenza in commento, dunque, la Terza Sezione penale della Corte di cassazione ha ritenuto che il delitto di corruzione di minorenne, di cui al primo comma dell’art. 609 quinquies c.p., possa configurarsi anche qualora gli atti sessuali vengano compiuti tramite mezzi telematici.

 

[1] Capitolo 5, I delitti contro la libertà sessuale, p. 263, Fiandaca-Musco, Diritto penale Parte speciale, Volume II, tomo primo, I delitti contro la persona, Quarta edizione.

 

Argomento: Delitti contro la persona
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. III, 12 aprile 2023, n. 15261)

 

Stralcio a cura di Lorenzo Litterio

“2. […], il delitto di cui all’art. 609 quinquies, […] è ora configurabile quando il minore non sia il destinatario degli atti sessuali ma sia solo spettatore di atti sessuali commessi da altri, cosicché per la configurabilità del reato sono ora necessari il compimento di atti sessuali in presenza di un minore di quattordici anni accompagnato dalla volontà di realizzare tale condotta al fine di farvi assistere il minore. Il bene protetto è costituito dalla tutela del sereno sviluppo psichico della sfera sessuale di soggetti di età minore […]. L’elemento oggettivo del delitto di corruzione di minorenne di cui all’art. 609 quinquies cod. pen. è dunque costituito dal compimento di qualsiasi atto sessuale in presenza di un minore di quattordici anni, che non investa la corporeità del minore […], con la consapevolezza dell’autore di agire al fine di far assistere il minore agli atti sessuali commessi in sua presenza […]. Quanto alle condotte realizzate a distanza e condivise e mostrate mediante mezzi telematici, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che  anche tali condotte, […] - pur svolgendosi in assenza di contatto fisico con la vittima – sono riconducibili alla fattispecie di all’art. 609 quinquies, comma 2, cod. pen., poiché il far assistere persona minore di quattordici anni al compimento di atti sessuali o il mostrare alla medesima materiale pornografico al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali non richiede necessariamente la presenza fisica degli interlocutori […]. Si tratta di principio che il Collegio condivide e ribadisce, […]. Non vi è , […], ragione per limitare alle sole condotte volte a indurre il minore a compiere o subire atti sessuali, […], la rilevanza penale delle condotte realizzate mediante comunicazione telematica, […]. Nella nozione di atti commessi in presenza di un minore possono, infatti, essere inclusi, senza far ricorso alla analogia, ma sulla base di una interpretazione della disposizione che tenga conto dei mezzi di comunicazione attualmente esistenti e delle possibilità dagli stessi offerte, anche quelli realizzati a distanza ma condivisi in tempo reale mediante mezzi di comunicazione telematica (come nel caso in esame mediante la cosiddetta “diretta” Instagram), posto che attraverso [continua ..]

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